La vitamina B che combatte l’invecchiamento

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La vitamina B migliora la pressione sanguigna e la salute delle arterie, rendendoci più longevi

Da sempre l’uomo cerca l’elisir di lunga vita. Il tempo che passa influisce sulle nostre cellule e, di conseguenza, sugli organi. Una diminuzione di calorie nella dieta può rallentare questo processo, incrementando la durata della vita e prevenendo molte malattie croniche.

Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università del Colorado Boulder, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha rivelato che il consumo giornaliero di un integratore alimentare chiamato nicotinomide riboside (NR), una forma di vitamina B3, imita gli effetti anti-invecchiamento della restrizione calorica. La vitamina B era già stata presa in esame, assieme agli Omega 3, contro la demenza.

In questo studio, i ricercatori hanno preso 24 uomini e donne, in peso forma e sani, di età compresa tra 55 e 79 anni. Dodici di questi hanno ricevuto un placebo per le prime sei settimane, seguiti da 500 milligrammi di NR chloride (NIAGEN) due volte al giorno per altre sei settimane. Gli altri dodici hanno ricevuto il supplemento per sei settimane e poi il placebo per il periodo finale di sei settimane. Sono stati raccolti regolarmente campioni di sangue.

I ricercatori hanno scoperto che 1.000 mg al giorno di NR aumentavano i livelli di un altro composto chiamato “nicotinamide adenina dinucleotide” (NAD +) del 60%. Il NAD + a sua volta attiva gli enzimi chiamati “sirtuins”, a cui sono attribuiti gli effetti benefici della restrizione calorica. Non solo. Il NAD + è coinvolto in una serie di azioni metaboliche di tutto il corpo, ma tende a diminuire con l’età.

Secondo i ricercatori, il corpo conserva il NAD + quando viene sottoposto a una restrizione calorica per un meccanismo di sopravvivenza, ma solo di recente hanno iniziato a chiedersi come questo possa essere stimolato.

Un importante – ma forse inatteso – risultato dello studio è stato il fatto che i 13 partecipanti che avevano livelli di pressione arteriosa lievemente elevati all’inizio dello studio avevano beneficiato di una riduzione media di 10 punti delle loro letture sistoliche. Questo si traduce in una riduzione del 25% del rischio di attacco cardiaco.

Si tratta di uno studio pilota a cui seguiranno sicuramente degli altri.

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