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Il futuro delle cure per i danni traumatici al cervello

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Una nuova tecnica potrebbe rivoluzionare il trattamento delle malattie neurodegenerativa che affliggono gli sport di contatto

Si chiama CTE (encefalopatia traumatica cronica), la malattia degenerativa legata al trauma cerebrale ripetuto che affligge molti atleti che hanno a che fare con attività sportive violente e che, attualmente, può essere diagnosticata definitivamente solo dopo la morte. 

Sam Gandy, neurologo dell’ospedale Mount Sinai, stava studiando il cervello di soldati e atleti in pensione quando si è trovato di fronte a un caso che ha cambiato tutto: nelle persone normali, le scansioni del cervello appaiono quasi interamente blu e verde, ma nelle scansioni di questo giocatore di football in pensione diverse aree erano rosse – nel corso della sua carriera di 11 anni, l’uomo aveva subito 22 commozioni cerebrali e, al momento del controllo, aveva problemi di memoria e sintomi collegabili alla CTE.

Di solito, Gandy riusciva a vedere queste aree rosse e a collegarle a questa malattia solo durante le autopsie, ma stavolta no: da questo la notizia che la tecnica usata da questo neurologo (la PTE) potrebbe essere il primo metodo per individuare l’encefalopatia traumatica cronica in un paziente vivo. In pratica: il futuro della diagnostica neurologica per quanto riguarda gli sport da contatto, ma non solo: poter individuare la CTE vuole anche dire dare una possibilità di trattamento a chi ne è affetto, poter curare i danni che la malattia crea a lungo termine.

C’erano state molte ricerche e molte statistiche in questo senso ma mai nessun passo in avanti per prevenire la malattia o sapere come trattarla perché non era possibile individuarla, quindi questo è davvero un nuovo punto di partenza.

 

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CTE, Football americano, salute

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