Speciale elezioni/ Ambiente, energia ed agricoltura. Programmi politici a confronto

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Ecco come ambiente, energia e agricoltura rientrano nei programmi politici delle coalizioni per le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio

Ambiente, energia ed agricoltura sono temi chiave per uno sviluppo economico e sociale dell’Italia. Le strategie e le scelte che attuerà il prossimo Governo non potranno non confrontarsi anche con questi temi. Ma quanto è importante il rispetto dell’ambiente e lo sviluppo di un’energia più pulita, più indipendente dall’estero nelle coalizioni che sono candidate alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013?

Ecco tutti i programmi su ambiente, energia ed agricoltura per il Partito Democratico (Pierluigi Bersani), Popolo della Libertà (Silvio Berlusconi), Movimento 5 stelle (Beppe Grillo), Rivoluzione civile (Antonio Ingroia), Scelta Civica-Con Monti per l’Italia (Mario Monti) e Fare per Fermare il declino (Oscar Giannino). Li riportiamo integralmente.


Programma del Partito Democtatico:

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‘Sviluppo sostenibile per noi vuol dire valorizzare la carta più importante che possiamo giocare nella globalizzazione, quella del saper fare italiano. Se una chance abbiamo, è quella di una Italia che sappia fare l’Italia. Da sempre la nostra forza è stata quella di trasformare con il gusto, la duttilità, la tecnica e la creatività, materie prime spesso acquistate all’estero. Il decennio appena trascorso è stato particolarmente pesante per il nostro sistema produttivo. L’ingresso nell’Euro e la fine della svalutazione competitiva hanno prodotto, con la concorrenza della rendita finanziaria, una caduta degli investimenti in innovazione tecnologica e nella capitalizzazione delle imprese, con l’aumento dell’esportazione di capitali. Anche in questo caso è tempo di cambiare spartito e ridare centralità alla produzione. Una politica industriale “integralmente ecologica” è la prima e più rilevante di queste scelte. Noi immaginiamo un progetto-Paese che individui grandi aree d’investimento, di ricerca, di innovazione verso le quali orientare il sistema delle imprese, nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi. La qualità e le tipicità, mobilità sostenibile, risparmio ed efficienza energetica, le tecnologie legate alla salute, alla cultura, all’arte, ai beni di valore storico e alla nostra tradizione, l’agenda digitale. Bisogna inoltre dare più forza e prospettiva alle nostre piccole e medie imprese aiutandole a collegarsi fra loro, a capitalizzarsi, ad accedere alla ricerca e alla internazionalizzazione.’

 

 

Programma del Popolo della Libertà:

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Agricoltura

·         Eliminazione dell’IMU sui terreni e i fabbricati funzionali ad attività agricole

·         Rilancio della imprenditoria giovanile in campo agricolo attraverso la riduzione fiscale per i giovani che aprono imprese agricole e attribuzione di appezzamenti del demanio agricolo per creare nuove imprese

·         Maggior tutela degli interessi italiani nel negoziato per la Politica Agricola Comune (PAC)

·         Tutela delle produzioni italiane tipiche dalla contraffazione

Energia

·         Piano energetico nazionale: deve tenere conto dello sviluppo delle fonti rinnovabili, dello stato della rete, degli impianti previsti

·         Diminuzione delle tasse (accise) che incidono sul costo dell’energia

·         Nuove azioni per favorire la concorrenza nel settore energetico e contrastare gli oligopoli

·         Sviluppo del sistema di incentivi per le energie rinnovabili evitando di creare rendite di posizione dannose

·         Più incentivi per gli investimenti in nuove tecnologie finalizzate alla riduzione dei consumi energetici

·         Incrementare gli investimenti per la realizzazione della smart grid, finalizzati ad aumentare l’efficienza delle reti di trasmissione di energia elettrica

Ambiente, green economy e qualità della vita

·         Nuovo piano per il riassetto idrogeologico del Paese

·         Messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, da realizzare attraverso benefici fiscali e finanziamenti agevolati

·         Rifiuti: realizzare cicli integrati regionali di smaltimento, con l’obiettivo dell’autosufficienza; incentivare la raccolta differenziata e la riduzione della produzione dei rifiuti

·         Valorizzare il sistema dei parchi e delle aree protette, attraverso l’uso della leva fiscale, per favorire nuove imprese e occupazione

·         Green economy: puntare su quattro settori strategici: eco-innovazione, fonti rinnovabili, riciclo dei rifiuti e mobilità sostenibile

·         Tutela degli animali da compagnia e affezione e cancellazione delle spese relative agli stessi dal redditometro

·         Misure contro gli abbandoni degli animali come strumento di lotta al randagismo

·         Smart Cities: dare impulso allo sviluppo delle città ‘intelligenti’, coinvolgendo capitali privati e utilizzando stimoli fiscali

·         Nuovo rapporto sinergico ambiente-turismo’

 

 

Programma del Movimento a 5 stelle:


MoVimento 5_Stelle_logoEnergia

‘Se venisse applicata rigorosamente la legge 10/91, per riscaldare gli edifici si consumerebbero 14 litri di gasolio, o metri cubi di metano, al metro quadrato calpestabile all’anno. In realtà se ne consumano di più. Dal 2002 la legge tedesca, e più di recente la normativa in vigore nella Provincia di Bolzano, fissano a 7 litri di gasolio, o metri cubi di metano, al metro quadrato calpestabile all’anno il consumo massimo consentito nel riscaldamento ambienti. Meno della metà del consumo medio italiano. Utilizzando l’etichettatura in vigore negli elettrodomestici, nella Provincia di Bolzano questo livello corrisponde alla classe C, mentre alla classe B corrisponde a un consumo non superiore a 5 litri di gasolio, o metri cubi di metano, e alla classe A un consumo non superiore a 3 litri di gasolio, o metri cubi di metano,al metro quadrato all’anno. Nel riscaldamento degli ambienti,una politica energetica finalizzata alla riduzione delle emissioni di CO2, anche per evitare le sanzioni economiche previste dal trattato di Kyoto nei confronti dei Paesi inadempienti, deve articolarsinei seguenti punti:

·         Applicazione immediata della normativa, già prevista dalla legge 10/91 e prescritta dalla direttiva europea 76/93, sulla certificazione energetica degli edifici

·         Definizione della classe C della provincia di Bolzano come livello massimo di consumi per la concessione delle licenze edilizie relative sia alle nuove costruzioni, sia alle ristrutturazioni di edifici esistenti

·         Riduzione di almeno il 10 per cento in cinque anni dei consumi energetici del patrimonio edilizio degli enti pubblici, con sanzioni finanziare per gli inadempienti

·         Agevolazioni sulle anticipazioni bancarie e semplificazioni normative per i contratti di ristrutturazioni energetiche col metodo esco (energy service company), ovvero effettuate a spese di chi le realizza e ripagate dal risparmio economico che se ne ricava

·         Elaborazione di una normativa sul pagamento a consumo dell’energia termica nei condomini, come previsto dalla direttiva europea 76/93, già applicata da altri Paesi europei.Il rendimento medio delle centrali termoelettriche dell’Enel si attesta intorno al 38%. Lo standard con cui si costruiscono le centrali di nuova generazione, i cicli combinati, è del 55/60%. La co-generazione diffusa di energia elettrica e calore, con utilizzo del calore nel luogo di produzione e trasporto a distanza dell’energia elettrica, consente di utilizzare il potenziale energetico del combustibile fino al 97%. Le inefficienze e gli sprechi attuali nella produzione termoelettrica non sono accettabili né tecnologicamente, né economicamente, né moralmente, sia per gli effetti devastanti sugli ambienti, sia perché accelerano l’esaurimento delle risorse fossili, sia perché comportano un loro accaparramento da parte dei Paesi ricchi a danno dei Paesi poveri. Non è accettabile di per sé togliere il necessario a chi ne ha bisogno, ma se poi si spreca, è inconcepibile. Per accrescere l’offerta di energia elettrica non è necessario costruire nuove centrali, di nessun tipo. La prima cosa da fare è accrescere l’efficienza e ridurre gli sprechi delle centrali esistenti, accrescendo al contempo l’efficienza con cui l’energia prodotta viene utilizzata dalle utenze (lampade, elettrodomestici, condizionatori e macchinari industriali).

·         Solo in seguito, se l’offerta di energia sarà ancora carente, si potrà decidere di costruire nuovi impianti di generazione elettrica. Nella produzione di energia elettrica e termica, una politica energetica finalizzata alla riduzione delle emissioni di CO2 anche accrescendo l’offerta, deve articolarsi nei seguenti punti:

·         Potenziamento e riduzione dell’impatto ambientale delle centrali termoelettriche esistenti

·         Incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica con tecnologie che utilizzano le fonti fossili nei modi più efficienti, come la co-generazione diffusa di energia elettrica e calore, a partire dagli edifici più energivori: ospedali, centri com-merciali, industrie con processi che utilizzano calore tecnologico, centri sportivi ecc

·         Estensione della possibilità di riversare in rete e di vendere l’energia elettrica anche agli impianti di micro-cogenerazione di taglia inferiore ai 20 kW

·         Incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica estendendo a tutte le fonti rinnovabili e alla micro-cogenerazione diffusa la normativa del conto energia, vincolandola ai kW riversati in rete nelle ore di punta ed escludendo i chilowattora prodotti nelle ore vuote

·         Applicazione rigorosa della normativa prevista dai decreti sui certificati di efficienza energetica, anche in considerazione dell’incentivazione alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che essi comportano

·         Eliminazione degli incentivi previsti dal CIP6 alla combustione dei rifiuti in base al loro inserimento, privo di fondamento tecnico-scientifico, tra le fonti rinnovabili

·         Legalizzazione e incentivazione della produzione di biocombustibili, vincolando all’incremento della sostanza organica nei suoli le produzioni agricole finalizzate a ciò

·         Incentivazione della produzione distribuita di energia termica con fonti rinnovabili, in particolare le biomasse vergini, in piccoli impianti finalizzati all’autoconsumo, con un controllo rigoroso del legno proveniente da raccolte differenziate ed esclu-dendo dagli incentivi la distribuzione a distanza del calore per la sua inefficienza e il suo impatto ambientale

·         Incentivazione della produzione di biogas dalla fermentazione anaerobica dei rifiuti organici.’

 

 

Programma di Rivoluzione Civile:

Ingroia  L’Ambiente e’ il Futuro

‘Difendere l’ambiente significa scegliere l’opposto di unmodello di sviluppo distruttivobasato sullo sfruttamento senza limiti delle risorse. L’ottimizzazione dell’uso delle risorse, riducendo gli sprechi, rappresenta una strada obbligata per ridare competitività al nostro settore produttivo. L’Italia è al bivio fra il declino e il rilancio. Occorre riportare gli impatti ecologici del nostro modello di produzione e di consumo entro i limiti della sostenibilità. Ciò significa ridurre la nostra impronta ecologica e la dipendenza verso l’estero per l’approvvigionamento di materie prime o intermedie. Lo straordinario successo dei referendum delgiugno 2011 contro il nucleare e per l’acqua pubblica ci indica quale nuovo modello di sviluppo sostenere con l’azione di governo, per rilanciare imprese innovative e posti di lavoro stabili, tutelare la salute e limitare il consumo di suolo e di risorse.

Berlusconi-Monti

‘I governi dell’ultima legislatura hanno condiviso la stessa ispirazione iperliberista e arcaica di fronte alla modernità ambientale. Entrambi hanno penalizzato lo sviluppo delle rinnovabili e il riciclaggio dei rifiuti, né hanno saputo mettere in programma interventi in materia di risanamento ambientale e valorizzazione del paesaggio. Hanno tentato lo sciagurato ritorno al nucleare, bloccato solo dal referendum, e rilanciato le trivellazioni. Ma il governo Monti ha superato tutti i precedenti con il decreto anticostituzionale che, aggirando la legge, permette all’Ilva di continuare ad avvelenare i lavoratori e i cittadini di Taranto

La sfida della modernità è nella conversione ecologica del sistema industriale italiano. La difesa dell’ambiente e quella dell’economia e dell’occupazione non sono obiettivi in conflitto tra loro. Al contrario, si tratta di un’unica sfida.

Vogliamo archiviare opere come la Tav in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto di Messina. Vogliamo investire sul risparmio energetico, sulle rinnovabili, sulla salvaguardia dai rischi idrogeologici, sulla politica dei rifiuti ispirata alla prevenzione al riuso e al riciclo, per difendere l’ambiente dai cambiamenti climatici e dalle conseguenze letali dell’effetto serra con un sostegno alla fase due del

Protocollo di Kyoto. Dobbiamo impedire che la nostra industria e il nostro sistema produttivo restino indietro rispetto a quelli dei Paesi concorrenti. Occorre promuovere la riconversione ecologica come nuovo modello di sviluppo, in tutte le sue applicazioni: all’urbanistica, all’edilizia, alle infrastrutture e ai trasporti. La difesa idrogeologica deve diventare la più grande opera pubblica italiana, all’interno di un “grande piano delle piccole opere” che crei occasioni di lavoro diffuse nel nostro paese, garantendo la sicurezza della popolazione. Abbiamo bisogno di una lotta senza quartiere ai crimini ambientali e alla penetrazione in questo campo delle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Occorre rivedere il piano energetico nazionale, indirizzandolo verso la decarbonizzazione e stabilendo obiettivi di eliminazione delle emissioni dei gas climalteranti. Vogliamo dare attuazione e risorse alla Strategia nazionale per la biodiversità e renderla pervasiva in tutti i comparti produttivi.

Riteniamo infine necessario un cambiamento complessivo della legislazione in materia di territorio e urbanistica:

·         imponendo un stop al consumo del suolo;

·         Uscendo dalle pratiche derogatorie degli strumenti di pianificazione pubblica generale.

·         Rendendo le VAS (Valutazione Ambientale Strategica) degli strumenti di pianificazione generale di lungo periodo, sovraordinate e cogenti rispetto ai provvedimenti attuativi.

·         Sancendo l’interesse legittimo dei cittadini a ricorrere a tutela della qualità urbana e ambientale, dando piena attuazione alla Convenzione di Aarhus ed incentivando le forme di partecipazione attiva alle formazione delle scelte insediative e progettuali su città e territorio. Dobbiamo anche adottare una normativa che assicuri un’effettiva tutela dei diritti degli animali e per il superamento della vivisezione per costruire una società rispettosa di tutti gli esseri viventi. Il Ministero dell’ambiente negli ultimi 4 anni ha subito un taglio dei finanziamenti pari al 75%.È stato il più colpito dalle politiche di rigore. Occorre rifinanziare il suo bilancio per consentire di promuovere la riconversione ecologica dell’Italia e investire sulla tutela del nostro patrimonio naturale. Lo stesso deve avvenire per il Ministero dei beni culturali e ambientali che ha subito durante lo stesso periodo una decurtazione degli stanziamenti di circa il 66%.’

 

 

Programma di Scelta Civica-Con Monti per l’Italia:

459-0-20130104 185448_C984E233‘Sfruttare tutto il potenziale dell’economia verde:

La tutela dell’ambiente è investimento per il futuro e presupposto per vivere meglio il presente. Lavoro e salute non devono più essere alternativi, ma complementari. Per questa ragione l’economia verde non può essere “altro” dall’economia, ma è parte integrante dell’economia.

L’industria, i trasporti, l’agricoltura, gli edifici devono riorientarsi secondo i criteri dell’efficienza, del contenimento delle emissioni nocive, dell’impiego di materiali riciclabili e di tecnologie intelligenti per smaltire i rifiuti, bonificare i terreni, ottimizzare il ciclo dell’acqua, mettere in sicurezza il territorio, incentivare la mobilità a basso impatto ambientale. Programmi formativi e incentivi devono facilitare le scelte “verdi”.

Agli sforzi già in atto per ridurre e di?erenziare la produzione di ri?uti, che vanno mantenuti e, se possibile, ra?orzati, occorre a?ancare sia una produzione e?ciente in grado di allungare il tempo di vita dei prodotti, siaun rilancio del riciclo, in linea con i migliori esempi europei dove losmaltimento in discarica è stato azzerato. Gli standard di qualità europei ci chiamano a cambiare la nostra mentalità in relazione allagestione dei ri?uti, privilegiando, laddove possibile, il riciclaggio e riutilizzo. Serve puntare ad unrisultato di abbattimento degli smaltimenti (in Italia riguarda tra il 50-60% dei ri?uti). Per questo serve promuovere l’innovazione aprendo i mercati a prodotti realizzati con materiali riciclati, che dovrebbero essere certi?cati e garantiti, e alla produzione e l’utilizzo di materie prime biodegradabili cambiare certe abitudini degli italiani. Occorre anche cambiare certi atteggiamenti per creare una vera domanda per le materie “verdi”. In questo anno il governo ha inoltre lavorato molto sull’energia: revisione degli incentivi per le rinnovabili, e?cienza energetica, estrazione di idrocarburi, mercato del gas, liberalizzazione del mercato all’ingrosso dei carburanti e della distribuzione.

A venti anni di distanza dal precedente Piano energetico nazionale è stata presentata una nuova strategia energetica nazionale che fa della crescita sostenibile, dal punto di vista economico e ambientale, il proprioimperativo e punta a fare del Paese un hubenergetico nel Mediterraneo. E’ necessario continuare sulla strada tracciata, dando attuazione alle linee guida della strategia per dare all’Italia unaenergia meno costosa, più sicura e più sostenibile.

Serve in?ne procedere ad uno snellimento e sempli?cazione della governante nel mondo dell’energia, riprendendo la proposta di modi?ca del titolo Vdella Costituzione – per riportare allo Stato le decisioni in materia di infrastrutture energetiche – accompagnata dall’introduzione, sulla base dell’esperienza dei Paesi nordeuropei, dell’istituto del “dibattito pubblico”.

La politica agricola

Nel corso dell’attuale legislatura sono state prese diverse misure di sempli?cazione e rilancio del sistema agroalimentare, ma non è stato possibile portare a compimento alcune importanti iniziative legislativi e amministrative avviate. Per aiutare la crescita sostenibile del settore agroalimentare italiano occorre fermare la cementi?cazione e limitare il consumo di super?cie agricola come proposto nel disegno di legge per la valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo, adottare un grande piano di gestione integrate delle acque si può tutelare il territorio sia dal rischio di dissesto idrogeologico che di carenza idrica.

Bisogna prendere misure per assicurare che agli agricoltori non rimanga una quota troppo bassa del valore aggiunto generato lungo le ?liere agroalimentari, favorendo una maggiore aggregazione dell’o?erta che dia agli agricoltori un adeguata forza contrattuale sul mercato ed eliminando intermediazioni inutili e parassitarie che sottraggono reddito.

Serve dare una maggiore protezione agli agricoltori dalle crisi, climatiche o di mercato, cicliche o meno incentivando le pratiche assicurative a livello nazionale e comunitario. Bisogna a?rontare il problema di come assicurare un migliore accesso al credito agrario specializzato. Serve in?ne tenere la guardia alta sulla tutela del “made in Italy”, proteggendo le produzioni nazionali con attvità di repressione dell’agro-pirateria e, sul piano internazionale, ra?orzando la lotta alla contra?azione e all’Italian sounding. E’in?ne necessaria una forte politica di sostegno all’export per imprese agricole ed industriali contando sul ruolo ra?orzato dell’ICE per il settore.’

 

 

Programma di Fare per Fermare il declino

Fare per_Fermare‘Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali quali, a titolo di esempio: trasporti, energia, poste, telecomunicazioni, servizi professionali e banche (inclusi gli assetti proprietari).

Elettricità

·         Rivedere le norme esistenti finalizzate al perseguimento di obiettivi di politica industriale attraverso interventi nel settore elettrico. Tra questi:

·         I sussidi alle imprese grandi consumatrici di energia elettrica (in particolare Trenitalia).

·         I sussidi alle imprese di generazione – tra cui qualsiasi forma di sussidio della capacità produttiva non utilizzata.

·         Le modalità di incentivazione all’installazione di pannelli fotovoltaici su piccola scala.

·         Rivedere i meccanismi che disciplinano la realizzazione di impianti di generazione da fonti rinnovabili. In particolare, sarebbe possibile provvedere all’introduzione di:

·         Un meccanismo di selezione operante attraverso aste delle iniziative da incentivare senza limite inferiore.

·         Prevedere meccanismi che assicurino la localizzazione efficiente degli impianti di generazione da fonti rinnovabili.

·         Allocare correttamente, anche agli impianti a fonti rinnovabili, i costi che essi causano al sistema dovuti a sbilanciamento, congestioni, etc.

·         Accelerare il decalage degli incentivi rinnovabili con un obiettivo pari a zero a partire dalla capacità installata dal 1 gennaio 2015 (compatibilmente col raggiungimento degli obiettivi europei). Rinegoziare i sussidi concessi nel passato laddove diano luogo a extraprofitti.

·         Ridefinire con più precisione i compiti del regolatore, includendo per esempio la regolazione degli incentivi rinnovabili, impedendo decisioni che si traducano nel sussidio a specifiche categorie di consumatori, e incrementare il grado di trasparenza sul processo decisionale.

·         Rivedere la governance del settore riducendo il numero di enti e limitandone il perimetro di intervento. In particolare:

·         Spingere sul mercato la produzione di energie rinnovabili, in sostituzione dell’attuale ritiro da parte del Gestore dei servizi energetici (Gse).

·         Razionalizzare i soggetti esistenti, raggruppandoli e affidando a esterni con aste le attività attualmente svolte da Gse e Acquirente Unico.

·         Privatizzare il Gestore dei mercato energetici.

·         Riformare la borsa elettrica in modo tale da passare gradualmente dal prezzo unico nazionale a prezzi zonali per incentivare il potenziamento delle reti.

·         Prevedere in tempi ragionevoli il totale switch off anche per i consumatori domestici e abolizione di ogni prezzo di riferimento.

·         Terminare l’attuale socializzazione dei costi della morosità.

·         Privatizzazione totale di tutte le società del settore in mani pubbliche (incluse le reti).

Gas

·         Completare la separazione tra rete e distribuzione con la cessione di Snam e/o Eni, da parte di Cassa depositi e prestiti, ad azionisti diversi.

·         Valutare l’opportunità di dividere Eni in almeno due parti, separando la parte utility dalla parte petrolifera tradizionale e cederle ad azionisti diversi.

·         Assicurare il pieno utilizzo della capacità di importazione esistente garantendo: (a) che siano emessi e assegnati al mercato tutti i diritti di trasporto compatibili con la capacità fisica disponibile; (b) l’introduzione obbligatoria di clausole use or lose (si perde il diritto se non lo si utilizza) per i diritti di transito.

·         Rimuovere la priorità del gas di stoccaggio per gli usi domestici ed eliminare ogni forma di discriminazione di prezzo di origine normativa o regolatoria tra diverse tipologie di consumatori.

·         Il meccanismo di sussidio dei grandi consumatori attraverso l’allocazione a titolo gratuito delle capacità di stoccaggio incrementale create da Eni è complicato e potenzialmente distorsivo: valutare se eliminarlo totalmente o riformarne contenuto e modalità di copertura.

·         Se sarà possibile individuare adeguata copertura finanziaria, ridurre l’accisa sul gas almeno al livello medio europeo.

·         Reintroduzione, se necessario, dei tetti antitrust.

·         Riforma distribuzione locale gas per rendere più contendibili le gare.

·         Prevedere in tempi ragionevoli il totale switch off anche per i consumatori domestici e abolizione di ogni prezzo di riferimento.

·         Privatizzazione totale di tutte le società del settore in mani pubbliche (incluse le reti)

Agricoltura

·         La superficie media dell’impresa agricola italiana è di 7,9 ettari a fronte dei  53 di quella francese, i 56 di quella tedesca, i 65 di quella danese, i 79 di quella del Regno Unito e i 152 di quella Ceca. E’ la fotografia di un sistema produttivo che sconta inefficienze decennali, frutto prima di tutto di una eccessiva frammentazione fondiaria e di un utilizzo delle risorse della Politica Agricola Comune finalizzato prevalentemente a sostenere lo status quo piuttosto che a superare le cause profonde di queste inefficienze.

·         E’ necessario rimuovere tutti gli ostacoli, prevalentemente di natura burocratica, che ostacolano l’accorpamento fondiario, e riformulare il sistema di erogazione degli aiuti diretti della PAC secondo criteri che incentivino la piccola impresa a cercare forme innovative di aggregazione dell’offerta fin dalle fasi di produzione. Va ripristinata la norma, abrogata dal Governo Monti, che consentiva anche alle società di capitali di poter optare per la tassazione su base catastale.

·         Il sostegno al reddito dovrebbe essere ripensato come una forma di welfare a termine, teso ad accompagnare l’impresa improduttiva senza traumi fuori dal mercato, piuttosto che un sistema di erogazione ed intermediazione di microrendite, e un modo per sostenere in eterno attività produttive inefficienti e decotte.

·         La tassazione patrimoniale sui terreni e fabbricati rurali deve essere oggetto di una profonda riforma, che includa in un’unica voce anche i contributi generali di bonifica, e che consideri la vocazione strumentale dei fabbricati rurali. Gli aumenti sconsiderati dell’IMU agricola vanno rivisti, così come vanno superati gli astrusi regimi di deroghe ed esenzioni su base territoriale. I consorzi di bonifica vanno sottoposti a una severa valutazione delle performances, che preveda la possibilità di soppressione di quegli enti che non rispettino elementari rapporti tra costi per i contribuenti e benefici per la collettività.

·         I criteri attraverso i quali vengono erogati gli aiuti allo sviluppo, attraverso i Piani di Sviluppo Rurale redatti dalle regioni, devono essere fondati su una rigorosa analisi scientifica che riconosca il contributo positivo dell’innovazione tecnologica e dell’intensificazione agricola per la biodiversità e la salvaguardia ambientale. Oggi una grossa fetta di questi aiuti vengono elargiti a realtà associative, consortili, sindacali, politiche, nonché agli stessi enti locali, che non hanno nulla a che fare con l’agricoltura. Un modo attraverso il quale la politica, mediante la PAC, contribuisce a finanziare sé stessa e uno spreco di risorse al quale va posto rimedio al più presto.

·         Non si può continuare a negare, alle imprese agricole italiane, il diritto di avvalersi delle tecnologie che migliorano le rese unitarie o garantiscono rese analoghe con minori imputs produttivi. Il bando all’uso delle varietà geneticamente modificate iscritte al catalogo comune europeo, per le quali nessuna evidenza scientifica ha mai dimostrato pericoli per la salute umana e per l’ambiente, deve essere rimosso. Allo stesso tempo va rimosso l’anacronistico bando alla ricerca in campo aperto sulle biotecnologie agrarie, che potrebbe rappresentare un fondamentale strumento per il recupero e la difesa di importanti varietà tradizionali italiane. 

·         Anche le norme che impongono agli agricoltori limiti all’utilizzo di semente autoprodotta sono in contraddizione con i più elementari principi di libertà di impresa, e vanno superate.

·         I consorzi che tutelano le Denominazioni di Origine hanno lo scopo di garantire al consumatore che un determinato prodotto provenga da un determinato luogo e sia stato fatto secondo un determinato disciplinare di produzione. Qualsiasi altra funzione, pur riconosciuta dalla legge, di controllo dell’offerta e di stabilizzazione del mercato rappresenta una violazione dei principi della libera concorrenza, oltre a un disincentivo agli investimenti proprio nei settori a più alto valore aggiunto. La fine del sistema di contingentazione delle superfici viticole e la liberalizzazione dei diritti di reimpianto dei vigneti, prevista per il 2015, va vista come un’opportunità di sviluppo e di rilancio per il settore vinicolo italiano. 

·         Una riforma strutturale delle norme che regolano l’attività venatoria, in un senso più rispettoso dei diritti di proprietà, potrebbe condurre a nuove opportunità di reddito per l’impresa agricola, a una maggiore salvaguardia della fauna selvatica e a consistenti risparmi per lo Stato e gli Enti Locali.

·         L’art. 62 del decreto liberalizzazioni, che impone una contrattualizzazione forzata di tutte le transazioni commerciali che abbiano come oggetto prodotti agroalimentari, costituisce un’intollerabile intromissione dell’autorità pubblica nei rapporti tra soggetti privati. Se l’intenzione dichiarata del decreto, che impone un termine massimo di 30 giorni per il pagamento di prodotti deperibili e 60 per tutti gli altri, sarebbe quella di riequilibrare il peso del piccolo produttore di fronte alla GDO, si può dire che l’obbiettivo viene mancato clamorosamente. In primo luogo perché quello che non si riflette sui tempi di pagamento si rifletterà inevitabilmente sul prezzo o sulla scelta di diversi fornitori, specialmente esteri. In secondo luogo perché i primi a fare le spese di questo sistema sono proprio gli agricoltori, che non possono più liberamente scegliere di pagare “a raccolto” i loro fornitori, finendo costretti a dover ricorrere al credito (in un periodo di feroce stretta creditizia) per finanziare gli acquisti.