Giappone: i segreti degli edifici che hanno retto al sisma

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Qual è il segreto degli edifici giapponesi per la maggior parte rimasti indenni alla terribile scossa dell’11 marzo scorso? Il parere degli esperti fa luce sulle tecniche di costruzione dei Paesi più preparati ai terremoti. Da noi sarebbe impossibile una cosa tale, scopri perchè

Il sisma registrato in Giappone l’11 marzo scorso è stato uno dei più devastanti negli ultimi 150 anni: ad oggi, è preceduto solo da quello cileno, del maggio del 1960, con una scossa di magnitudo 9.3. Tsunami e nucleare a parte (problemi importantissimi che esulano, però, dal tema ora analizzato), il Giappone è una zona altamente sismica e, come si sa, i suoi abitanti sono da sempre “abituati” alle continue e, spesso, quotidiane scosse: la maggior parte degli edifici non ha subito lesioni e i danni relativi al solo terremoto sono stati pochissimi. Uno studio di Alessandro Martelli, professore di Costruzioni in zona sismica all’università di Ferrara, direttore della sezione Prevenzione rischi naturali all’Enea e presidente dell’Associazione nazionale di Ingegneria sismica, ha provato a confrontare i danni che un terremoto simile potrebbe provocare in un paese come l’Italia. “In Giappone un terremoto come quello dell’Aquila non sarebbe neanche finito sul giornale. Il problema è negli edifici”. E allora, qual è il “segreto” degli edifici giapponesi (ma anche californiani, messicani e neozelandesi)? La risposta sta nell’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, come i cuscinetti antisismici disposti alla base delle strutture, un particolare tipo di acciaio molto più elastico del normale, la fibra di carbonio che avvolge i pilastri e li rende più resistenti alle fratture, e gli apparecchi detti “dissipatori” che assomigliano agli ammortizzatori di un auto e che vengono disposti tra un piano e l’altro dei palazzi considerati più a rischio. Inoltre, alla base della solidità di questi stabili sta anche la particolare attenzione impiegata nel monitorare costantemente il rapporto tra cemento e ferro. Nell’edilizia giapponese convivono tutti questi (e altri) elementi che sarebbe difficile riportare in blocco qui da noi, dove le zone archeologiche e la presenza di numerosi edifici antichi rende obbligatorio un piano antisismico ad hoc. “L’Italia – commenta Rui Pinho, che insegna Meccanica Strutturale all’Università di Pavia ed è responsabile del settore rischio sismico all’European Centre for training and research in earthquake engineering – ha una normativa e un livello di ricerca che sono all’avanguardia nel mondo. Il vero punto debole, per noi, è l’applicazione delle leggi e l’abusivismo dilagante”.

(Fla. Do.)

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